Bisogna ridurre l'aggio di Equitalia

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RIDURRE L’AGGIO DI EQUITALIA S.P.A. Con la recente finanziaria d’estate da 25 miliardi di euro (D.L. n. 78/2010 convertito con la Legge n. 122/2010), il legislatore ha completato il progetto di rafforzamento delle procedure di riscossione prevedendo che gli accertamenti che saranno notificati a partire dal 1° luglio 2011 contengano l’intimazione ad adempiere entro il termine di presentazione del ricorso (art. 29 L. n. 122 cit.). In sostanza, con le suddette modifiche, il legislatore ha ulteriormente potenziato ed accelerato la fase della riscossione, ma al tempo stesso dimentica di bilanciare le attività difensive del contribuente che, oggi, deve contrastare le incisive attività esecutive di Equitalia S.p.A. con mezzi processuali limitati. Con questo articolo, però, voglio analizzare quali sono i soli compensi (aggio ed altri) di Equitalia S.p.A. per l’esercizio della propria attività pubblica e considerare se è possibile rideterminarli, anche perché incidono in maniera non indifferente sul totale delle somme che i contribuenti devono pagare, con il rischio, in caso di inadempimento totale o parziale, di subìre gravi e pesanti procedure esecutive (ipoteche, fermi, sequestri, fallimenti fiscali, pignoramenti presso terzi, ecc.). Al rapporto esattoriale ineriscono numerosi diritti a favore di Equitalia S.p.A.: 1) diritto all’aggio (oggi 9% fisso); 2) percentuale sull’interesse di mora (oggi 0,615% annuo); 3) diritto alle spese di esecuzione ed alle spese di notifica; 4) diritto al rimborso delle quote inesigibili. In ogni caso, è importante ricordare che, a decorrere dall’01 ottobre 2006, è stato soppresso il sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione e le funzioni relative alla riscossione nazionale sono state attribuite all’Agenzia delle Entrate che le esercita tramite Equitalia S.p.A., sulla quale svolge attività di coordinamento, attraverso la preventiva approvazione dell’ordine del giorno delle sedute del consiglio di amministrazione e delle deliberazioni da assumere nello stesso consiglio (art. 3, comma 1, D.L. n. 203 del 2005, convertito con modificazioni dalla L. n. 248 del 02 dicembre 2005). A) AGGIO L’art. 17, comma 1, D.Lgs. n. 112 del 13 aprile 1999 stabilisce che l’attività dei concessionari (oggi agenti della riscossione) è remunerata con un aggio. L’aggio ha natura tributaria; infatti, per il contribuente tenuto a pagarlo l’aggio ha natura tributaria ed è, precisamente, una integrazione del tributo iscritto a ruolo. Come accennato in precedenza, il sistema di affidamento in concessione è stato soppresso e le relative funzioni, oggi, sono attribuite soltanto all’Agenzia delle entrate, la quale le esercita attraverso la società Equitalia S.p.A. (prima Riscossione S.p.A.) al cui capitale partecipa, oltre la suddetta Agenzia nella misura del 51%, anche l’INPS al 49%. La misura dell’aggio, nel corso degli anni, ha subìto rilevanti modifiche, tanto è vero che il succitato art. 17 D.Lgs. n. 112 del 1999 è stato più volte modificato, come dalla seguente sintetica esposizione. 1)Testo in vigore sino al 02 ottobre 2006 L’art. 17 cit. prevedeva le seguenti determinazioni, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 193 del 27 aprile 2001: - l’attività dei concessionari era remunerata con un aggio sulle somme iscritte a ruolo riscosse; l’aggio era pari ad una percentuale tra un minimo ed un massimo di tali somme da determinarsi, per ogni biennio, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre dell’anno precedente il biennio di riferimento, sulla base di determinati e specifici criteri tassativamente esposti; - l’aggio era a carico del debitore in misura non superiore al 4,65 per cento della somma iscritta a ruolo; l’aggio a carico totale del debitore era dovuto soltanto in caso di mancato pagamento entro la scadenza della cartella di pagamento e la sua misura era determinata con il succitato decreto ministeriale; - la restante parte dell’aggio era a carico dell’ente creditore; - il servizio di riscossione connesso alla gestione degli “avvisi bonari” poteva essere remunerato con un aggio sulle somme riscosse, determinato, in misura pari al 60% dell’aggio calcolato come sopra, tenendo conto dei singoli ambiti territoriali, per i minori costi rispetto alla riscossione tramite cartella (D.M. 08/06/2001, in G.U. n. 179 del 03/08/2001, in vigore dal 18 agosto 2001). 2) Testo in vigore dal 03 ottobre 2006 al 31 dicembre 2008 L’art. 17 cit., per il succitato periodo temporale, a seguito delle modifiche intervenute con il D.L. n. 262 del 03 ottobre 2006, convertito con modificazioni dalla Legge n. 286 del 24 novembre 2006, prevedeva le seguenti determinazioni: - l’attività dei concessionari era remunerata con un aggio sulle somme iscritte a ruolo riscosse; l’aggio era pari ad una percentuale tra un minimo ed un massimo di tali somme da determinarsi, per ogni biennio, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre dell’anno precedente il biennio di riferimento, sulla base di determinati e specifici criteri tassativamente esposti; - l’aggio era a carico del debitore in una misura determinata con un decreto ministeriale, e comunque non superiore al 5 per cento delle somme iscritte a ruolo, in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella di pagamento; in tale caso, la restante parte dell’aggio era a carico dell’ente creditore; - integralmente a carico del debitore, in caso contrario; - il servizio di riscossione connesso alla gestione degli “avvisi bonari” poteva essere remunerato con un aggio sulle somme riscosse, determinato, in misura pari al 60% dell’aggio calcolato come sopra, tenendo conto dei singoli ambiti territoriali, per i minori costi rispetto alla riscossione tramite cartella (D.M. 08/06/2001, in G.U. n. 179 del 03/08/2001, in vigore dal 18 agosto 2001).


3) Testo in vigore dall’01 gennaio 2009 L’art. 17 cit., a seguito delle ulteriori e più rilevanti modifiche apportate dal D.L. n. 185 del 29/11/2008, convertito dalla Legge n. 2 del 28/01/2009 (in suppl. ord. n. 14 alla G.U. n. 22 del 28/01/2009), a far data dall’01 gennaio 2009, stabilisce che: - l’attività degli agenti della riscossione è remunerata con un aggio pari al 9% (nove per cento) delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora e che è a carico del debitore: a) in misura del 4,65 per cento delle somme iscritte a ruolo, in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella; in tal caso, la restante parte dell’aggio è a carico dell’ente creditore; b) integralmente a carico del debitore, in caso contrario, senza tenere conto della sospensione feriale dei termini; - limitatamente alla riscossione spontanea a mezzo ruolo (pagamento di entrate extratributarie, di imposte relative a redditi soggetti a tassazione separata o quando la somma che deve pagare il debitore deve essere suddivisa in più rate su richiesta dello stesso), l’aggio spetta agli agenti della riscossione nella percentuale dell’1% (uno per cento), come stabilito dal decreto del 04 agosto 2000 del Ministro delle Finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 201 del 29 agosto 2000; - tutte le percentuali di cui sopra possono essere rideterminate con decreto non regolamentare del Ministro dell’Economia e delle Finanze, nel limite di due punti percentuali di differenza rispetto a quelle sopracitate, tenuto conto del carico dei ruoli affidati, dell’andamento delle riscossioni e dei costi del sistema; - l’agente della riscossione trattiene l’aggio all’atto del riversamento all’ente impositore delle somme riscosse. Quindi, la percentuale dell’aggio, oggi, è calcolata su due voci: - somme iscritte a ruolo riscosse; - relativi interessi di mora. In definitiva, oggi, il contribuente deve pagare ad Equitalia S.p.A. le seguenti percentuali di aggio: - 4,65%, in caso di pagamento entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, senza tenere conto della sospensione feriale dei termini; - 9%, in caso contrario, senza alcun frazionamento annuale e senza tenere conto della sospensione feriale dei termini; - 1%, limitatamente alla riscossione spontanea a mezzo ruolo (art. 32 D.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999); - 9% sui relativi interessi di mora (in sostanza, pari allo 0,615% annuo), in caso di pagamento dopo 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale (novità rispetto agli anni precedenti) e senza tenere conto della sospensione feriale dei termini. Alla luce di quanto sopra esposto, secondo me, l’art. 17 più volte citato presenta profili di illegittimità costituzionale per irragionevolezza (artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione) perché: - c’è una sproporzione non giustificata economicamente tra l’aggio dell’1% e del 9% a seconda della spontaneità o meno del pagamento a mezzo ruolo; - il limite di pagamento dei 60 giorni (art. 25, comma 2, D.P.R. n. 602/73 cit.) non tiene conto, assurdamente, della sospensione feriale dei termini per proporre ricorso (art. 21 D.Lgs. n. 546/1992 ed art. 1 L. n. 742 del 07/10/1969); - l’aggio al 9%, senza alcun limite annuo, a carico integrale del debitore-contribuente, è previsto in caso di mancato pagamento entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, peraltro senza tenere conto della sospensione feriale dei termini, quando il suddetto mancato pagamento può dipendere dalla sospensione della riscossione a cura del giudice tributario (art. 47 D.Lgs. n. 546/1992) o della stessa Amministrazione finanziaria (art. 39 D.P.R. n. 602/73) o per cause di forza maggiore (art. 6, comma 5, D.Lgs. n. 472/1997) o per obiettive condizioni di incertezza sull’applicazione della norma tributaria (art. 9 Legge n. 212 del 27 luglio 2000 - Statuto dei diritti del contribuente, spesso ignorato dal legislatore fiscale); in particolare, poi, non bisogna dimenticare che le vecchie norme fiscali (art. 32 R.D. n. 1608 del 17 settembre 1931, norma purtroppo totalmente abrogata) ponevano espressamente soltanto a carico dell’Erario l’onere degli aggi sulla riscossione delle sopratasse (Circolare ministeriale n. 455190 dell’08 luglio 1960); - infine, nella determinazione dell’aggio nella misura unica e fissa del 9%, il legislatore non ha tenuto più conto della situazione sociale ed economica di ciascun ambito territoriale, valutata sulla base di indici di sviluppo economico elaborati da organismi istituzionali; infatti, il precedente comma 1 dell’art. 17 cit , con le ultime modifiche della Legge n. 2/2009 cit., è stato totalmente sostituito, con l’abrogazione delle suddette limitazioni geografiche, e, di conseguenza, è stato implicitamente e parzialmente abrogato il Decreto Ministeriale del 04/08/2000 cit., che prevedeva tale differenzazione, che invece è rimasto solo per la determinazione dell’aggio dell’1% limitatamente alla riscossione spontanea a mezzo ruolo (art. 17, comma 5-bis, cit.). E’ indubbiamente un indice di irragionevolezza non tenere conto della situazione economica e sociale dei singoli ambiti territoriali, ignorando totalmente il divario economico NORD-SUD, che persino il legislatore fiscale sta considerando nell’ambito degli studi di settore (Circolare n. 34/E del 2010 dell’Agenzia delle Entrate), del nuovo redditometro (art. 22 Legge n. 122/2010 cit.) e della fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno (art. 40 Legge n. 122/2010). Ultimamente, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, Sez. III, con la sentenza n. 385 del 23 luglio 2010 (con commento di A. Buscema, in Commercialista Telematico del 31 agosto 2010) ha rigettato il ricorso di un contribuente che contestava l’eccessiva sproporzione di un aggio pari ad euro 83.915,19 per una cartella esattoriale pagata dopo 60 giorni. In sostanza, i giudici milanesi, dopo aver richiamato la sentenza della Corte Costituzionale n. 480/1993 e la decisione del Consiglio di Stato n. 272/2008, si sono limitati ad affermare che l’aggio “è una forma di tariffa che fonda le proprie radici in decreti legislativi, in decreti interministeriali e quant’altro, che ha carattere di “legge vera e propria”(!!). Non condivido assolutamente la succitata sentenza dei giudici milanesi sia perché l’affermazione che c’è una “legge vera e propria” è una semplice tautologia, tanto è vero che la legge può essere criticata e contestata, rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale, sia perché, oltretutto, proprio le succitate sentenze della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato affermano l’esatto contrario di quanto statuito dai giudici milanesi, in quanto riferite alle vecchie normative oggi non più applicabili. 1) Corte Costituzionale, sentenza n. 480 del 22-30 dicembre 1993 (in G.U. del 05/01/1994). Con la succitata sentenza, la Corte Costituzionale si è pronunciata sul compenso spettante al “vecchio” concessionario in misura percentuale delle somme riscosse, stabilita con un importo minimo (appunto Lire 15.000) ed un importo massimo, distintamente, per i pagamenti spontanei eseguiti dopo la notifica della cartella di pagamento, in base alla normativa siciliana (Legge n. 19/1989 e n. 35/1990) ed alla normativa nazionale (art. 61 DPR n. 43 del 1988 e dei decreti ministeriali di attuazione). In definitiva, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale perché il compenso per il concessionario del servizio di riscossione “è posto a carico del contribuente, che a quel servizio ha dato causa con il suo inadempimento all’obbligo di una veritiera e precisa denuncia, la prevista determinazione di tale compenso in misura percentuale del tributo (1%) con il contestuale correttivo di un prestabilito importo minimo (Lire 15.000) e massimo (Lire 300.000) è volta infatti a realizzare (con l’utilizzazione di un meccanismo necessariamente articolato in termini medi e forfettari) un opportuno ed effettivo ancoraggio della remunerazione al costo del servizio; contemporaneamente, impedendo, per un verso, che in caso di iscrizione di tributi di importo eccessivamente limitato (inferiore a Lire 1.500.000) la misura percentuale del compenso scenda al di sotto del livello minimo di remuneratività del servizio e, per converso, che, in caso di iscrizione di tributi di ammontare elevato (superiore a Lire 30.000.000) il compenso stesso salga notevolmente al di sopra della predetta soglia di copertura del costo della procedura”. Quindi, secondo la Corte Costituzionale, non c’è irragionevolezza quando l’aggio viene contenuto in un importo minimo e massimo che non superi di molto la soglia di copertura del costo della procedura. Oggi, invece, con l’importo fisso del 9% non può certo parlarsi di ragionevolezza (artt. 3, 53 e 97 della Costituzione), soprattutto tenendo conto del costo del servizio pubblico non più gestito da concessionari privati, come è stato negli anni precedenti, ma da Equitalia S.p.A., che è un ente pubblico economico. Infatti, l’art. 97, comma 1, della Costituzione stabilisce che: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. 2) Consiglio di Stato, decisione n. 272/2008, depositata il 29/01/2008). Il Consiglio di Stato si è pronunciato in materia di compensi e rimborsi spettanti ai concessionari del servizio di riscossione dei tributi, disciplinata dall’art. 61 del D.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43 (Istituzione del Servizio di Riscossione dei Tributi) e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della Legge 04 ottobre 1986 n. 657). Anche la suddetta normativa prevedeva un importo minimo ed un importo massimo. Era previsto anche un compenso aggiuntivo per la riscossione delle somme iscritte a ruolo, riscosse dopo la notifica dell’avviso di mora, uguale per tutti gli ambiti territoriali, stabilito in misura percentuale delle somme riscosse, tenendo conto dell’ammontare medio nazionale delle esecuzioni fruttuose e dell’incidenza di esso sull’ammontare complessivo delle altre forme di riscossione. Tale contesto normativo è stato poi integrato dall’art. 13, comma 3, del D.L. n. 16 del 1993, convertito con modificazioni dalla Legge n. 75 del 24 marzo 1993. Con la succitata normativa, secondo il Consiglio di Stato, il legislatore “ha ritenuto indispensabile non solo fissare i criteri e gli elementi cui ancorare la determinazione del giusto compenso spettante ai concessionari della riscossione, ma anche di definire minutamente il relativo procedimento. E’ stato così (in maniera non irragionevole, né irrazionale, né arbitraria o illogica) contemperato l’interesse pubblico al corretto ed adeguato funzionamento del servizio di riscossione (secondo i canoni definiti dall’articolo 97 della Costituzione) con quello privato (imprenditoriale) dei concessionari ad ottenere il giusto compenso per il servizio espletato”. Oggi, invece, con le mutate normative, la percentuale fissa ed unica dell’aggio nella misura del 9% non solo è stabilita apoditticamente, senza definire minutamente il relativo procedimento, ma, soprattutto, è determinata ignorando i canoni di imparzialità e trasparenza di cui all’art. 97 della Costituzione, soprattutto per quanto riguarda i criteri di calcolo del costo del servizio pubblico. In attesa e con la speranza che la Corte Costituzionale possa intervenire nella presente materia, secondo me, il legislatore potrebbe ulteriormente modificare il più volte citato art. 17 D.Lgs. n. 112/1999 (come ha già fatto negli anni precedenti) con le seguenti necessarie correzioni, non dimenticando che, oggi, non esiste più il sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione, in quanto le relative funzioni pubbliche sono direttamente attribuite all’Agenzia delle entrate, con sensibile risparmio dei costi (art. 97 della Costituzione). Le auspicate ed urgenti modifiche legislative, in tema di aggi, dovrebbero: 1) lasciare inalterata la misura dell’aggio all’1% limitatamente alla riscossione spontanea a mezzo ruolo (art. 32 D.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999); 2) fissare la misura dell’aggio da un minimo del 3% ad un massimo del 4% con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, tenendo conto del limite annuo e della situazione sociale ed economica di ciascun ambito territoriale, valutata sulla base di indici di sviluppo economico elaborati da organismi istituzionali; 3) l’aggio essere a carico del debitore nella misura del 2% delle somme iscritte a ruolo, in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella esattoriale, tenendo conto della sospensione feriale dei termini; la suddetta misura del 2% rimanere anche in caso di pagamento oltre i suddetti 60 giorni in caso di sospensione della riscossione disposta dal giudice tributario (art. 47 D.Lgs. n. 546/1992) o dalla stessa Amministrazione finanziaria o locale o previdenziale, oppure in caso di forza maggiore o in caso di obiettive condizioni di incertezza sull’applicazione della norma tributaria o previdenziale o dei tributi locali; 4) nella ipotesi di cui al precedente n. 3, la restante parte dell’aggio essere a carico dell’ente creditore; 5) in caso contrario alle ipotesi di cui al precedente n. 3, l’aggio essere dovuto integralmente dal debitore-contribuente, sempre nei limiti del 3% o 4%, come al precedente n. 2, ma con il limite annuo e non in misura fissa; 6) prevedere una misura ridotta pari al 60% dell’aggio come sopra esposto, in caso di pagamento tramite avviso bonario, tenuto conto dei minori costi rispetto alla riscossione tramite cartella, come era stabilito negli anni scorsi, a far data dal 18 agosto 2001, dal succitato D.M. 08/06/2001. A tal proposito, non bisogna dimenticare che, prima dell’abrogazione parziale implicita, l’art. 96 del D.M. del 04/08/2000 (in S.O. n. 138 alla G.U. n. 201 del 29/08/2000) stabiliva che: “L’aggio di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, è a carico del debitore in misura pari al 4,65 per cento della somma iscritta a ruolo, in caso di mancato pagamento entro la scadenza”. Oggi, invece, il debitore è costretto a pagare il 9% fisso, senza tenere conto, peraltro, della sospensione feriale dei termini. B) INTERESSI DI MORA (EX INDENNITA’ DI MORA) Per comprendere bene la presente questione, è necessario distinguere, a livello storico-tributario, l’indennità di mora dagli interessi di mora. 1) Indennità di mora L’indennità di mora era prevista e disciplinata dall’art. 194 del vecchio Testo Unico delle Leggi sulle imposte dirette (D.P.R. n. 645 del 29 gennaio 1958) ed era dovuta dal contribuente che non aveva pagato in tutto o in parte la rata dell’imposta. Al “vecchio” esattore spettava l’indennità di mora sulle entrate per le quali sussisteva l’obbligo del “non riscosso per riscosso”. In sostanza, l’indennità di mora rappresentava la liquidazione legale anticipata, e per ciò forfettaria, dei danni derivanti all’esattore dal ritardato pagamento, avendo anticipato le somme iscritte a ruolo. Per tale motivo l’indennità di mora era sempre dovuta, una volta verificato il presupposto di fatto cui era collegata (il pagamento ritardato), indipendentemente dalla circostanza che l’imposta iscritta a ruolo dovesse risultare, in un secondo momento, non dovuta per effetto di provvedimenti di sgravio o di rimborso, avendo l’esattore anticipato le somme. Da tali premesse, la dottrina prevalente traeva il corretto corollario che l’indennità di mora era assistita dal privilegio che accompagnava il tributo al quale era legata da nesso di accessorietà (CARNACINI e P. DUOSI), soprattutto in conseguenza dell’obbligo del non riscosso come riscosso, previsto tassativamente dall’art. 32, comma 3, D.P.R. n. 43 del 28 gennaio 1988, secondo cui “La consegna dei ruoli costituisce il concessionario debitore dell’intero ammontare delle somme iscritte nei ruoli stessi, che debbono essere da lui versate alle scadenze stabilite ancorchè non riscosse, previa detrazione delle somme che il concessionario stesso è autorizzato a trattenere ai sensi degli articoli 62 e 86”. E’ bene a questo punto precisare che “l’obbligo del non riscosso come riscosso” sarà totalmente abrogato, dal 26 febbraio 1999, dall’art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 37 del 22 febbraio 1999, secondo cui “E’ abrogato l’articolo 32, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988 n. 43, ed ogni altra disposizione che impone ai concessionari della riscossione, di cui al medesimo decreto, l’obbligo del non riscosso come riscosso” (in G.U. n. 46 del 25 febbraio 1999). 2) Interessi di mora L’art. 30 D.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973, come sostituito, con effetto 1° luglio 1999, dall’art. 14 D.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999, testualmente dispone: “Decorso inutilmente il termine previsto dall’art. 25, comma 2, sulle somme iscritte a ruolo si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi”. La disciplina sui tassi di interesse in materia tributaria è stata rivisitata dall’art. 1, commi 150 e 361, della Legge n. 244 del 24 dicembre 2007. Determinazione interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo: - 8,4 per cento annuale, come da D.M. 28 luglio 2000, pubblicato nella G.U. n. 188 del 12 agosto 2000; - 6,8358 per cento annuale, a decorrere dall’01 ottobre 2009, come da D.M. del 04 settembre 2009, pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle entrate il 04 settembre 2009 ( Provvedimento n. 124741 del 04/09/2009).

Al tempo stesso, l’art. 17, comma 1, D.Lgs. n. 112 cit., mentre negli anni precedenti stabiliva solo la remunerazione dei “vecchi” concessionari con un aggio sulle somme iscritte a ruolo riscosse, a far data dall’01/01/2009, invece, a seguito delle succitate modifiche (vedi lett. A del presente articolo), oggi così recita:

“L’attività degli agenti della riscossione è remunerata con un aggio pari al nove per cento delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora e che è a carico del debitore……”. A questo punto, occorre fare le seguenti considerazioni: - innanzitutto, con la riforma del sistema della riscossione, il legislatore ha sostituito la vecchia “indennità di mora” di cui in precedenza al n. 1 con gli attuali “interessi di mora”, anche se la sostanza non cambia; - la percentuale sugli “interessi di mora” (oggi pari allo 0,615% annuo) permane anche se è stato abrogato l’obbligo del non riscosso come riscosso; di conseguenza, non si riesce a capire la sua funzione, giuridica ed economica, visto che l’agente della riscossione non dovendo più anticipare nulla non subisce alcun danno economico, mentre per la ritardata iscrizione a ruolo e per la dilazione del pagamento il contribuente deve già pagare i relativi interessi (artt. 20 e 21 DPR n. 602 cit.), che spettano per intero all’ente destinatario del gettito delle imposte cui riferiscono (art. 22 D.P.R. n. 602 cit.), insieme agli interessi di mora; - in vigenza dell’obbligo del non riscosso come riscosso, la “vecchia” indennità di mora era di pertinenza esclusiva dell’esattore, tanto è vero che, allora, lo stesso Ministero delle Finanze, con la circolare n. 456769 dell’ 01 agosto 1968, aveva stabilito e precisato che quando non vigeva l’obbligo del non riscosso per riscosso l’indennità di mora era di esclusiva pertinenza dei vari enti impositori. (Erario, Provincia, Comune, Camera di Commercio ecc.) in ragione della quota parte dei tributi di cui ciascuno degli enti stessi era titolare; - oggi, invece, nonostante la totale abrogazione dell’obbligo del non riscosso come riscosso, peraltro a far data dal lontano 26 febbraio 1999, non solo la suddetta percentuale sulla indennità di mora (oggi pari allo 0,615% annuo) è stata mantenuta, anche se con la diversa denominazione formale di “interessi di mora”, ma, cosa ancora più grave ed assurda, la percentuale del 9% sugli interessi di mora (pari allo 0,615 annuo) è una delle due voci che determina l’aggio degli agenti della riscossione, che non hanno anticipato nulla. Oltretutto, lo stesso legislatore, ancora oggi, parifica le “vecchie” indennità di mora con i “nuovi” interessi di mora, tanto è vero che l’art. 31, comma 2, D.P.R. n. 602 del 29/09/1973, come modificato, a far data dall’01 luglio 1999, dall’art. 35 D.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999, testualmente recita: “Tuttavia se il contribuente è debitore di rate scadute il pagamento non può essere imputato alle rate non scadute se non per la eventuale eccedenza sull’ammontare delle prime, comprese le indennità di mora, i diritti e le spese maturati a favore del concessionario”. In sostanza, oggi, il contribuente deve pagare: 1) le relative imposte, tasse e contributi (quota capitale); 2) sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione ed al controllo formale della dichiarazione od all’accertamento d’ufficio si applicano, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte, i relativi interessi legali al tasso del 4% annuo (quattro per cento annuo), ai sensi dell’art. 20 cit., come sostituito, con effetto dall’01 luglio 1999, dall’art. 8 D.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999; i suddetti interessi spettano soltanto all’ente destinatario del gettito delle imposte cui si riferiscono (art. 22 D.P.R. n. 602 cit.); 3) sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato o sospeso si applicano gli interessi al tasso del 4,5 per cento annuo (art. 21, comma 1, DPR n. 602 cit., come sostituito, con effetto dall’01 luglio 1999, dall’art. 9, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999); anche questi interessi spettano soltanto all’ente destinatario del gettito delle imposte cui si riferiscono (art. 22 DPR n. 602 cit.); 4) le eventuali sanzioni amministrative (in misura fissa pari al 30% in caso di liquidazione oppure in misura percentuale in caso di accertamento); 5) l’aggio fisso pari al 4,65%, di competenza dell’agente della riscossione, se il pagamento avviene entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, senza tenere conto della sospensione feriale dei termini; 6) l’aggio nella misura fissa del 9%, sempre di competenza dell’agente della riscossione, se il pagamento avviene dopo 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, senza considerare la sospensione feriale dei termini; 7) l’interesse di mora, pari al 6,8358% annuale, di competenza solo dell’ente impositore, se il pagamento avviene dopo 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, sempre senza tenere conto della sospensione feriale dei termini; 8) il 9% sugli interessi di mora (cioè pari allo 0,615% annuo), di competenza dell’agente della riscossione, se il pagamento avviene dopo 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale (in sostanza, pari allo 0,615% annuo, che si ottiene nel seguente modo: 9% per 6,8358% uguale 0,615%); infatti, sulle cartelle esattoriali notificate ai contribuenti, nella voce “dettaglio degli addebiti” c’è scritto “vanno aggiunti gli interessi di mora per ogni giorno di ritardo ed il compenso di riscossione nella misura del 9% su tali interessi”, sempre senza tenere conto della sospensione feriale dei termini dal 01 agosto al 15 settembre; 9) le spese di notifica della cartella esattoriale, pari ad euro 5,88 di cui si dirà oltre. A che titolo, quindi, il contribuente-debitore, con le suddette somme, peraltro di non lieve entità, deve corrispondere all’agente della riscossione anche la percentuale del 9% sugli interessi di mora (pari a 0,615% annuo), inseriti nella generica voce dell’aggio, quando: - l’agente della riscossione non ha subìto alcun danno economico in quanto non ha dovuto anticipare alcuna somma; - l’agente della riscossione, una volta ricevuto il ruolo, deve provvedere alla celere notificazione della cartella esattoriale (artt. 24, 25 e 26 D.P.R. n. 602 cit.) entro nove mesi dalla consegna del ruolo (Legge n. 102 del 03 agosto 2009); - oltretutto, dall’01 luglio 2011, ci sarà la concentrazione della riscossione nell’accertamento (art. 29 Legge n. 122/2010), per cui i termini di riscossione saranno ancora più ridotti; - in caso di riscossione coattiva delle somme iscritte a ruolo, l’agente della riscossione deve procedere al recupero delle suddette somme e delle spese di esecuzione, e non si capisce perché anche del 9% sugli interessi di mora (art. 45 DPR n. 602 cit.), quando non ha dovuto anticipare alcuna somma. In definitiva, secondo me, il 9% sugli interessi di mora (pari allo 0,615% annuo) da corrispondere all’agente della riscossione deve essere totalmente abolito perché lo stesso non ha anticipato alcuna somma, una volta abrogato l’obbligo del non riscosso come riscosso, e quindi non ha subito alcun danno patrimoniale da riparare, tenuto altresì conto che trattasi di un servizio pubblico di riscossione. Di conseguenza, anche in questo caso, in attesa che il legislatore abroghi la percentuale del 9% sugli interessi di mora da corrispondere all’agente della riscossione come aggio, si potrebbe chiedere l’intervento della Corte Costituzionale per irragionevolezza ed eccessiva onerosità (art. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione), dell’art. 17, comma 1, D.Lgs. n. 112 del 13 aprile 1999, e successive modifiche ed integrazioni, nella parte in cui il 9% sugli interessi di mora determina l’aggio, quale remunerazione degli agenti della riscossione, tenuto conto dell’eliminazione dell’obbligo del non riscosso come riscosso, e dell’art. 31, comma 2, DPR n. 602 cit., nella parte in cui anche il 9% sulle indennità di mora incide nell’imputazione dei pagamenti (in sostanza, come più volte ribadito, lo 0,615% annuo). La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14304 del 19/06/2009, aveva precisato che l’indennità di mora (in particolare quella del D.Lgs. n. 504 del 26 ottobre 1995) aveva una specifica natura risarcitoria, tanto è vero che poteva concorrere con la sanzione amministrativa. Infatti, scriveva la Corte nella succitata sentenza: “Al loro diverso contenuto corrisponde una diversa funzione dell’imposizione del vincolo di pagare: afflittiva quella della sanzione e reintegrativa del patrimonio leso quella dell’indennità di mora; e la diversità della funzione giustifica la loro contemporanea applicazione”. Oggi, invece, la situazione giuridica dell’agente della riscossione è totalmente diversa, per cui non è più giustificabile il 9% sugli interessi di mora (o indennità di mora) perché, mancando l’obbligo del non riscosso per riscosso, non si è verificato alcun danno economico da risarcire all’agente della riscossione. C) SPESE DELL’ESECUZIONE L’agente della riscossione ha sempre diritto alle spese di esecuzione, commisurate all’ammontare del credito d’imposta secondo le indicazioni di apposita tabella approvata con decreto ministeriale (art. 17 D.Lgs. n. 112 più volte citato). Nel caso di procedure delegate le spese competono all’agente della riscossione delegato. Questi, però, non può imputare le somme riscosse alle spese di esecuzione, se non dopo aver soddisfatto interamente il credito dell’agente della riscossione delegante. I suddetti principi sostanzialmente sono rimasti identici anche dopo le varie riforme del sistema della riscossione delle imposte dirette, che si sono avute dal 1981 ad oggi (per esempio, D.P.R. n. 43 del 1988; i decreti legislativi n. 46 e 112 del 1999 fino ad arrivare all’art. 3 della Legge n. 248 del 2005). Infatti, l’art. 45 D.P.R. n. 602 cit., come modificato, a far data dall’01 luglio 1999, dall’art. 16 D.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999 stabilisce che: “Il concessionario procede alla riscossione coattiva delle somme iscritte a ruolo, degli interessi di mora e delle spese di esecuzione secondo le disposizioni del presente titolo”, anche alla luce dell’art. 95 del codice di procedura civile. D) RIMBORSO DELLE QUOTE INESIGIBILI L’esattore aveva diritto al rimborso, senza interessi, delle somme versate al ricevitore provinciale per le quali era tenuto all’obbligo del non riscosso per riscosso quando provava nei modi e termini di legge di non averle potute riscuotere. Anche oggi, nonostante l’eliminazione dell’obbligo del non riscosso per riscosso, l’art. 19 D.Lgs. n. 112 del 1999 cit. disciplina il diritto degli agenti della riscossione al c.d. discarico delle quote iscritte a ruolo e non esigibili. In particolare, la norma in questione stabilisce che, ai fini del discarico delle quote iscritte a ruolo, l’agente della riscossione deve trasmettere all’ente creditore, anche in via telematica, una comunicazione di inesigibilità, pena la perdita del diritto di discarico. Tra le cause di perdita al diritto di discarico si annovera il mancato rispetto del termine per la notifica della cartella di pagamento da parte degli agenti della riscossione che, a decorrere dal 31 ottobre 2009, è stato fissato, da ultimo, in nove mesi dalla consegna del ruolo (art. 15, comma 3, D.L. n. 78 dell’01/07/2009, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 102 del 03 agosto 2009). In caso di diniego del discarico, l’agente della riscossione è tenuto a versare all’ente creditore, entro dieci giorni dalla notifica del relativo provvedimento, la somma, maggiorata soltanto degli interessi legali decorrenti dal termine ultimo previsto per la notifica della cartella, pari ad un quarto dell’importo iscritto a ruolo ed alla totalità delle spese relative alle procedure esecutive quando rimborsate dall’ente creditore. L’agente della riscossione può definire la controversia, nel termine di novanta giorni dalla notificazione del provvedimento, con il pagamento di metà dell’importo dovuto ovvero può ricorrere, entro lo stesso termine, innanzi alla Corte dei Conti. Infine, nulla è cambiato per i ruoli della riscossione spontanea, per i quali il diritto al discarico continua ad essere correlato alla scadenza del terzo mese successivo alla consegna del ruolo. Da ultimo, il legislatore ha previsto un ennesimo condono per i concessionari delle entrate statali, relativo alle partite in contestazione per quote inesigibili o dinieghi di discarico (art. 2, commi 2-septies e seguenti, D.L. n. 40 del 25 marzo 2010, convertito dalla Legge n. 73 del 22 maggio 2010). Si tratta, in particolare, delle somme derivanti dall’attività svolta dai vecchi concessionari della riscossione, che operavano prima dell’ingresso di Equitalia, riferite al periodo sino al 30 giugno 1999. In pratica, il periodo interessato è quello precedente l’entrata in vigore della riforma della riscossione del 1999, in cui vigeva l’obbligo del non riscosso come riscosso. Le controversie in oggetto devono essere pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 40 (26 marzo 2010, in G.U. n. 71 del 26/03/2010) e devono essere originate da dinieghi di rimborso oppure dal diniego di discarico di quote inesigibili ovvero da pretese risarcitorie o, infine, da atti di citazione introduttivi di giudizi di responsabilità. La definizione bonaria della controversia si ottiene versando una determinata percentuale dell’importo preteso dall’ente creditore oppure della somma dovuta in base a sentenza, come determinato da apposito decreto ministeriale, anche per quanto riguarda i termini e le modalità di pagamento. Una copia dell’avvenuto versamento deve essere presentata all’organo amministrativo o giudiziario presso il quale pende la controversia. Non rientrano nella sanatoria le pendenze relative a tributi ed entrate regionali, comunali e provinciali nonché delle Camere di commercio. Non sono, altresì, definibili le controversie afferenti somme che costituiscono risorse proprie dell’Unione europea (ad esempio, IVA ed accise). Le spese di notifica della cartella di pagamento sono a carico del debitore nella misura di euro 5,88 (classificate come diritti di notifica della cartella esattoriale); tale importo può essere aggiornato con decreto ministeriale. Negli anni precedenti, le spese di notifica della cartella di pagamento erano a carico del debitore nella misura di Lire 6.000 (seimila). - CONCLUSIONI – In questi ultimi anni, il legislatore ha potenziato molto l’attività di riscossione dei tributi, rendendo altamente invasive le procedure di Equitalia S.p.A. E’ giusto combattere l’evasione e l’elusione fiscale, come è altresì giusto rendere efficaci le attività di riscossione. Oltretutto, il D.Lgs. n. 462/1997 ha introdotto il principio dell’unificazione, ai fini fiscali e contributivi, delle procedure di liquidazione, riscossione ed accertamento. L’art. 32-bis della Legge n. 2/2009 ha disposto, infatti, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31/12/2006, che l’iscrizione a ruolo dei contributi e premi determinati ai sensi delle disposizioni del citato D.Lgs. n. 462/1997, nonché gli interessi e le relative sanzioni per ritardato od omesso versamento, è effettuata direttamente dall’Agenzia delle entrate, fatte salve le vigenti disposizioni in materia di contenzioso. Allo stesso tempo, però, il legislatore non ha, secondo me, controbilanciato le attività difensive del cittadino-contribuente, che non deve a priori essere considerato un incallito evasore o un mal pagatore. Spesso, infatti, sono gli stessi uffici fiscali a commettere gravi errori nella determinazione delle imposte da pagare, come l’esperienza delle c.d. cartelle pazze ha più volte dimostrato. In tali situazioni, il contribuente ha pochi e non sempre efficaci mezzi di difesa, tanto è vero che nel processo tributario non può citare testimoni o utilizzare giuramenti ed inoltre la sospensiva è limitata al primo grado di giudizio, salvo per le sanzioni. Ultimamente, è intervenuta la Corte Costituzionale, con l’importante sentenza n. 217 del 17 giugno 2010, che ha riconosciuto, giustamente, la sospensiva dell’esecutività della sentenza nel processo tributario (artt. 283 e 373 del codice di procedura civile). Non bisogna, però, sempre sperare nell’intervento dei giudici costituzionali per consentire al contribuente un’efficace difesa, su un piano di perfetta parità processuale con il Fisco e con Equitalia S.p.A.. Al tempo stesso, il legislatore deve intervenire, secondo me, per rideterminare gli eccessivi compensi di Equitalia S.p.A. riducendo sensibilmente gli aggi e cancellando definitivamente il 9% sugli interessi (o indennità) di mora (pari allo 0,615% annuo), che, oggi, non ha alcuna giustificazione giuridica ed economica dopo l’eliminazione dell’obbligo del non riscosso come riscosso. Il cittadino - contribuente-debitore al danno di dover pagare le imposte e le tasse non deve aggiungere la beffa di pagare somme eccessive che non trovano alcuna giustificazione, soprattutto in questo periodo di grave e duratura crisi economica ed in vista della prossima riforma fiscale generale (tra i cinque punti programmatici del Governo). Infatti, se per esempio dopo la notifica della cartella esattoriale il contribuente, per motivi di congiuntura economica, paga esattamente dopo un anno, lo stesso è costretto a corrispondere i seguenti interessi: - 4% annuo all’ente impositore; - 6,8358% annuo, quale interessi di mora da imputare soltanto all’ente impositore; - 0,615% annuo da imputare soltanto all’agente della riscossione (cioè, il 9% sugli interessi di mora, pari al 6,8358% annuo); - in sostanza, un totale di interessi pari all’11,4508% annuo (cioè: 4%+6,8358%+0,615%). A questo punto, occorre far presente che, a seguito della Legge 07 marzo 1996 n. 108 (in G.U. n. 58 dell’08 marzo 1996), che stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, ultimamente, per il periodo sino al 30 settembre 2010, sono stati rilevati i seguenti tassi di interesse effettivi globali medi ai fini della legge sull’usura: - mutuo a tasso fisso: 4,99% su base annua; - mutuo a tasso variabile: 2,56% su base annua; - anticipi fino ad € 100.000: 5,93% su base annua; - anticipi oltre ad € 100.000: 4,12% su base annua. Infine, sempre a titolo esemplificativo, se il contribuente paga la cartella esattoriale esattamente dopo un anno dalla notifica della stessa, oltre alla misura totale dell’11,4508% annuo a titolo di interessi, come sopra esposti, deve aggiungere la sanzione amministrava del 30% (se non quella percentuale più gravosa in caso di accertamento) nonché l’aggio nella misura del 9%, per cui si arriva al seguente totale: - totale interessi: 11,4508% su base annua; - aggio: 9% in misura fissa; - sanzione amministrativa: 30% in misura fissa per le sole liquidazioni; - totale: 50,4508%. A tal proposito, è vero che non è corretto sommare cifre non omogenee, però è altrettanto vero che la tasca dei contribuenti non fa queste sottili distinzioni giuridiche ed economiche, per cui è necessario in sede giudiziaria un sollecito intervento della Corte Costituzionale e de iure condendo un opportuno intervento legislativo che riduca sensibilmente i compensi di Equitalia S.p.A. per evitare le critiche situazioni sopra esposte. L’importante è che gli Ordini professionali e le associazioni di categoria e sindacali si attivino per sollecitare gli interventi suggeriti nel presente scritto.

AVV. MAURIZIO VILLANI Avvocato Tributarista in Lecce Patrocinante in Cassazione www.studiotributariovillani.it e-mail avvocato@studiotributariovillani.it

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